"Perché è un errore non insegnare la filosofia
fin dai primi anni della scuola elementare. Se i bimbi
studiassero Platone.
di UMBERTO GALIMBERTI
PERCHÉ, oltre l´inglese, non si introduce anche la filosofia
nelle scuole elementari? I bambini si pongono domande
filosofiche intorno ai 4 anni, età che gli psicologi definiscono
dei "perché". Sono dei perché a cui di solito gli adulti non
sanno rispondere o liquidano nel repertorio delle ingenuità. Ma
non è così, perché a 4 anni, quindi con 2 anni d´anticipo sull´età
scolare, i bambini s´aprono allo stupore del mondo e, come
Aristotele insegna: «La filosofia nasce dalla meraviglia» e
perciò pone domande e interrogativi.
A scuola si trasmette un sapere strutturato che non sempre
corrisponde all´interrogazione che ha sollecitato la curiosità
del bambino, per cui tra il sapere impartito e la domanda
iniziale inevasa si produce quella distanza che genera
disinteresse. Infatti non si può avere una vera partecipazione a
risposte che evadono le domande con cui il bambino cerca di
orientarsi nel mondo, chiedendo chi l´ha fatto, e perché è così
malvagio, e che necessità c´è di morire, e perché non tutti i
bambini sono bianchi, e non tutte le parole si capiscono.
Queste domande non sono ingenue, sono radicali; offrono pochi
giri di parole alle risposte e vanno evase non con un discorso
che dice: «Le cose stanno così», come di solito fanno i saperi
che si impartiscono a scuola, ma con un discorso, come quello
filosofico, che insinua il sospetto che potrebbero anche essere
diversamente. Questo sospetto, che non sigilla la domanda in una
risposta, ma la tiene aperta a un ventaglio di possibili
risposte, tutte giustificate dalle rispettive argomentazioni,
apre il campo alla pluralità delle opinioni, quindi alla
tolleranza, quindi alla democrazia, figlia della tolleranza. Il
sospetto, inoltre, consente alla mente di ospitare il dubbio,
che evita il dogmatismo e dispone alla ricerca, che non è un
corto circuito di domanda e risposta, come la televisione ogni
sera diseducativamente insegna con i suoi quiz, ma è un saper
stare nella domanda, finché una risposta non si presenta come
plausibile e, nella sua provvisorietà, superabile.
La scuola insegna risposte, spesso a domande che non ci siamo
mai poste, ma è la domanda e non la risposta il vero motore
della ricerca e della costruzione del sapere. Amiche della
domanda sono sia la curiosità infantile, sia la condotta
filosofica. E se l´infanzia genera l´interrogazione nella sua
radicalità, la filosofia insegna a mantenersi nell´interrogazione,
per non seppellire il cervello tra le opinioni diffuse, che
rispondono non tanto alle nostre domande, quanto al desiderio di
evitare il più possibile la fatica del pensiero.
Quest´anno il Festival della filosofia di Modena promuove la
filosofia tra i bambini, con l´intenzione non tanto di fornire
risposte, quanto di insegnar loro l´atteggiamento filosofico,
che è poi quello di non accontentarsi mai della risposta. Quando
questo atteggiamento entrerà nelle nostre scuole? Se ciò non
dovesse accadere dovremo dire che nelle nostre scuole, quando va
bene, si impartisce solo istruzione, e non educazione della
mente, con tutte le conseguenze disastrose in età adulta, come
ogni giorno ci è dato constatate.
la Repubblica, 11 settembre 2004
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