ario Longhena nasce il 24 maggio del 1876 a Parma,
nell'Oltretorrente, il quartiere popolare. La famiglia non è benestante e
per giunta si ispira ad idee libertarie: il padre, Paolo, era impiegato
governativo del Granducato, ma dopo aver indossato la divisa garibaldina è
licenziato e si adatta a fare il rilegatore di libri. Combatte a S.Martino
nel 1859, a Bezzecca nel 1866 e a Monterotondo nel 1868; qui è ferito e
curato dal medico garibaldino Agostino Bertani, con cui si è legato in
amicizia. Merita una medaglia di bronzo e due d'argento, ma deve venderle
per arrotondare le entrate della famiglia. E dura ben poco anche la
liquidazione di 99 lire assegnata dal Corpo dei Volontari Italiani al
valoroso caporale (l'atto, del 27 maggio 1866 porta la firma di Menotti
Garibaldi). Quando muore, nel 1883, il figlio ha appena 7 anni e potrà
ricordare poco di questo eroico genitore. Una delle rare immagini
conservate nella memoria: l'anno prima della morte il padre lo aveva
tenuto a cavalluccio sulle spalle sfilando nel corteo che commemorava la
scomparsa dell'Eroe dei due Mondi. La madre, Luigia Rossi, deve
inventarsi un'attività per sopravvivere: custodisce i bambini delle
lavandaie e delle cordaie durante l'orario di lavoro. Il piccolo Mario si
rende conto di queste difficoltà, e perciò a scuola si distingue per poter
fruire di borse di studio; inoltre comincia prestissimo a dare lezioni a
compagni meno bravi, per aiutare gli sforzi di sua madre. Quando ha 14
anni un settimanale culturale -L'Otello- gli commissiona la cronaca
musicale: una lira per articolo, scritto ovviamente a mezzanotte, dopo lo
spettacolo al Teatro Regio. Questa vita dura e l'educazione
materna gli fanno amare le idee di giustizia che nel 1892 portano alla
nascita del Partito Socialista Italiano: è uno dei primi tesserati,
ad appena 16 anni, entusiasmato dai discorsi di Andrea Costa e Camillo
Prampolini ascoltati al Congresso di Reggio Emilia (si era fatto prestare
una bicicletta per andarci: i soldi per il treno non c'erano). Si iscrive
poi alla facoltà di Lettere dell'Università di Bologna, grazie a una borsa
di studio del Comune di Parma per alunni meritevoli. Ha come professori
Giosue Carducci, Giovanni Pascoli, Edoardo Brizio.
Raggiunta la Laurea è assunto dal Ginnasio comunale di Borgotaro; poi
sostiene il concorso ministeriale per l'insegnamento e vince la cattedra
al Ginnasio di Girgenti (oggi Agrigento). Con la madre si trasferisce
dall'altra parte dell'Italia. All'inizio del '900 da Parma alla Sicilia ci
volevano quasi due giorni di treno, e da Palermo ad Agrigento erano
necessarie 12 ore di piroscafo. |
Mario Longhena studente all'Università di
Bologna |
|
Pubblicazione del Comune che
illustra le attività per assistere i figli dei
combattenti |
|
Attività all'aperto nella colonia di
Casaglia |
|
Vittorio
Emanuele III, Mario Longhena e il sindaco Zanardi visitano le scuole
all'aperto di
Bologna | |
egli anni successivi fa domande di trasferimento: si
avvicina così alla sua città, prima a Cesena, poi a Bologna, che
rimarrà la sua nuova città di adozione. Qui insegnerà Lettere al Ginnasio
(l'odierna scuola media) e poi Geografia all'Istituto Tecnico, infine
Storia e Filosofia al Liceo Scientifico (il "Righi"). La Geografia e la
Storia resteranno sempre le discipline di predilezione. Membro della
Società Geografica Italiana e delle Deputazioni di Storia Patria parmense
e bolognese (finché il Fascismo non lo estrometterà), compirà interessanti
ricerche su viaggiatori e cartografi del passato, pubblicando in numerosi
libri e articoli il risultato dei suoi studi (vedi bibliografia). Collaborerà anche con l'Istituto
Geografico Militare per l'aggiornamento delle carte in scala
1:25.000.
el frattempo si dedica intensamente all'attività politica
nelle file del Partito Socialista, rivelando una competenza particolare
nel settore scolastico. È nominato segretario dell'Associazione degli
Insegnanti e presidente dell'Associazione degli Impiegati
Civili. Partecipa alle elezioni comunali e provinciali del 1914 e
viene eletto in entrambe, diventando poi assessore all'Istruzione,
dal 1914 al 1920, nella Giunta del sindaco Francesco
Zanardi. Realizza per la sua parte il motto elettorale dei
socialisti bolognesi, "Pane e alfabeto": triplica il numero delle scuole
per l'infanzia senza uscire dai limiti di bilancio, lancia la
rivoluzionaria idea delle scuole all'aperto (vedi la scuola
"Fortuzzi"), crea scuole per bambini con particolari patologie allora
diffuse (per curarle ma anche prevenirle), attua un progetto per banchi
scolastici che evitino la scoliosi, organizza le colonie scolastiche. La
scuola che oggi porta il suo nome nacque come Colonia di Casaglia,
in cui il clima collinare salubre poteva costituire un'ottima risorsa per
la battaglia contro la temibile tubercolosi. Ma le condizioni storiche
di quegli anni impongono particolari sforzi: ed ecco che alla vigilia
della Prima Guerra Mondiale l'assessore Longhena si preoccupa
dell'assistenza ai figli dei profughi (gli emigrati sono estromessi da
Francia, Belgio e Germania quando questi paesi giungono al conflitto) e ai
figli dei combattenti quando anche l'Italia entra in guerra. Nell'esercito
preferiscono non chiamarlo perché è socialista e convinto pacifista, con
buone capacità oratorie: troppo pericoloso in una guerra non voluta dalla
maggior parte della popolazione. E nell'autunno del 1919 c'è una gara
di generosità fra il comune di Milano e quello di Bologna (entrambe
amministrazioni socialiste) per accogliere i bambini viennesi orfani di
guerra, debilitati dalla fame e dalle malattie. In un periodo in cui tanti
a parole celebrano la pace, questo episodio è una delle poche
manifestazioni effettive della volontà di pace (che in alcuni lasciano il
segno: nel 1944 un ufficale austriaco dell'esercito di occupazione aiutò
alcuni bolognesi rastrellati dai suoi colleghi ricordando di essere stato
ospite della Colonia di Casaglia quando era bambino). Intanto Mario
Longhena continua ad insegnare: a quei tempi l'incarico di assessore era
gratuito e senza esonero dall'impiego. |
on l'avvento del Fascismo la sua attività
politica militante è costretta al silenzio. Ma non cessa di trasmettere
dalla cattedra i suoi insegnamenti di civiltà. Non prenderà mai la tessera
del Partito Nazionale Fascista, e per molti il suo resterà un
modello di dirittura morale, di un uomo che non si piega alla dittatura.
Nel 1924 subisce una vile aggressione, rimasta impunita, e nel 1939 è
messo forzatamente in pensione dal Regime. Anche la sua attività di
ricerca e pubblicazione trova pochi editori coraggiosi che sfidino la
dittatura. La sua bravura di insegnante però gli consente di dare molte
lezioni private, con cui potrà mantenere la sua famiglia (ha 3 figli che
frequentano l'Università negli anni '30). Redattore dell'edizione
clandestina dell'Avanti!, tiene rapporti con il Partito
Socialista clandestino e con i suoi compagni di lotta emigrati
all'estero. Durante la Seconda Guerra Mondiale infittisce questo
impegno, partecipando dopo il '43 al Comitato di Liberazione
Nazionale. Al termine della guerra sarà nominato Commissario, poi
Presidente, dell'Amministrazione degli Ospedali di Bologna.
|
el dopoguerra riprende l'attività politica nelle
file del Partito Socialdemocratico, quando nel '47 i Socialisti si
dividono per l'ennesima volta. Viene eletto alle elezioni per l'Assemblea
Costituente e alla Camera dei Deputati; presiede la prima seduta del nuovo
Parlamento Repubblicano come membro decano. Dal Primo Ministro Alcide De
Gasperi è anche nominato Presidente della Croce Rossa Italiana
nel 1949, incarico che terrà fino al 1957. In questo periodo la CRI si
distinse, fra l'altro, per l'efficiente organizzazione dei soccorsi al
Polesine alluvionato nel 1951 e per l'accoglienza ai profughi
dell'Ungheria invasa dalle armi sovietiche nel 1956. Nel tempo
libero da questi faticosi impegni trova riposo nello studio e riprende con
entusiasmo le sue ricerche su esploratori e cartografi. Fitta è anche la
pubblicistica politico-culturale su numerosi giornali. Fino in tarda
età la sua mente lucidissima analizza, osserva, confronta e critica. Tutta
la sua vita è stata contrassegnata dall'amore per il sapere e per la
crescita del popolo in cultura e dignità. Degnamente merita, nel 1957, la
medaglia d'oro quale benemerito della scuola, cultura ed arte.
uando muore, il 25 febbraio del 1967, lascia
grande eredità di affetti e di rimpianti, non di fortune materiali: di
tutto il lavoro speso generosamente in una lunga vita ha lasciato ai suoi
figli solo quanto bastava per le spese del funerale. Ci sembra che questa
dedizione al prossimo, pure in un non credente, questo disinteresse per le
ricchezze materiali possano essere un grande insegnamento per molti che
oggi svolgono attività politica o scientifico-culturale. |
|
Gazzetta Ufficiale
della Repubblica Italiana che verbalizza la prima seduta del nuovo
Parlamento, presieduto da Mario Longhena come deputato
decano | |
|