Cronaca

In questa ultima gita abbiamo raggiunto Porretta in treno, poi con il pullman di linea Vidiciatico, dove cominciava a nevicare. con il pullmino del signor Zanacchini siamo arrivati al Cavone. Da qui, a piedi, in mezzo a una bufera di neve, abbiamo preso il sentiero che porta al rifugio Sasseto.
Al rifugio, intirizziti dal freddo, abbiamo acceso la stufa a legna e ci siamo riscaldati. Quel giorno non abbiamo potuto uscire dal rifugio viste le condizioni di maltempo e abbiamo atteso alcuni genitori che dovevano portarci i viveri.
Il secondo giorno era ancora piuttosto freddo ma c'era il sole. Così abbiamo deciso di salire alla cima del Corno passando per il passo dello Strofinatoio.
Ci siamo poi divisi in due gruppi: uno è tornato al rifugio a cucinare, l'altro è andato al lago Scaffaiolo. Per raggiungere il lago siamo passati dal monte Cupolino.
Il terzo giorno abbiamo fatto gli zaini, riordinato il rifugio e siamo scesi a piedi al Cavone dove abbiamo proseguito per la strada che porta a Madonna dell'Acero, per andare a mangiare a casa della zia di una nostra compagna.
Da Madonna dell'Acero, nel pomeriggio, siamo tornati a Porretta e rientrati a Bologna in treno.


Filastrocca del primo giorno

Filastrocca della classe quinta C
che in un giorno di ottobre partì,
per il Corno in compagnia
zaini in spalla ed allegria.
Una bimba, un po' stanchina,
si svegliò tardi quella mattina,
e, per un solo minutino,
perse il nostro trenino.
Gli altri, arrivati a Porretta,
sceser dal treno in tutta fretta
per non perder la corriera
e non dover "star lì" fino a sera.
A Vidiciatico, il signor Zanacchini ci ha informato
che il Corno era tutto imbiancato.
la neve più in alto in montagna cadeva
e lui al pullmino le catene metteva.
nel tragitto, piccoli fiocchi ghiacciati
si attaccavano ai vetri bagnati,
e per l'eccitazione e la sorpresa
cantavamo tutti a voce distesa.
Al Cavone la bufera ci aspettava
neve, freddo, vento che fischiava,
al rifugio Sasseto dovevamo arrivare
e la montagna, quindi, scalare.
Francesco per il freddo soffriva,
mentre Costanza eroica saliva
guidandoci per quei sentieri montuosi
che apparivano difficili e misteriosi.
La nebbia gl'irti colli del paesaggio celava
e il sentiero a fatica si ritrovava;
poi un piccolo buchetto nel cielo si aprì
e il rifugio Sasseto tra le nuvole apparì.
in silenzio l'ultimo tratto si percorreva
mentre il vento fischiando ovunque c'invadeva.
Fra lacrime e brividi di gelo Gloria, poverina,
intirizzita soffriva più di prima.
Finalmente al sasseto siamo arrivati
ghiacciati, affamati e affaticati
ma la stufa dovevamo "far andare"
se al calduccio volevamo stare.
Per la neve e la bufera
restammo nel rifugio fino a sera.
Fra barzellette e risate in compagnia
si mangiavano castagne in allegria.
Simonetta chiamava a far la nanna
che quella sera arrivò come una manna.
Un momento magico, un soffio d'armonia
confortò il nostro sonno tranquillo in compagnia.




Impressioni, ricordi......











Vivere in montagna
(tratto dal libro "Parco regionale Corno alle Scale" GIUNTI)

Vivere in montagna ha sempre richiesto resistenza fisica, spirito di sacrificio e ingegno. L'Alto Appennino bolognese, nonostante la ricchezza di pascoli e boschi, è caratterizzato da condizioni climatiche difficili, con i venti freddi che spazzano a lungo la montagna e la neve che si protrae fino a primavera inoltrata. E’ un territorio che ha sempre consentito solo un’agricoltura povera, a malapena sufficiente per il sostentamento di parte della popolazione.
La vita quotidiana degli abitanti della montagna era scandita dalle stagioni e le loro principali occupazioni erano l’agricoltura e la pastorizia. Alle specie vegetali che crescevano spontaneamente si affiancavano poche e limitate coltivazioni.
Alla fine del secolo scorso il parroco di Lizzano, descrivendo ciò che poteva offrire il territorio, dopo aver accennato a fragole silvestri, lamponi, mirtilli, noccioli, noci, castagne e, alle quote più basse, ciliegi, meli, peri, qualche pesco e fico.
Scarsi risultati davano il frumento e i marzatelli (cereali a semina primaverile), mentre il mais fece la sua comparsa in tempi più recenti, sempre con produzioni modeste.....
L'olio che tradizionalmente si otteneva dai frutti del faggio, le faggiole fu anche oggetto di commercio all'inizio del secolo scorso: bruciava senza emanare odori sgradevoli, era considerato adatto alla alimentazione e si riteneva possedesse proprietà medicinali, tanto da essere impiegato per un certo periodo negli ospedali bolognesi.


Monte Cavallo
Porta Franca - Corno alle Scale
In avanscoperta al Corno
Montagna: istruzioni per l'uso

 
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