Gli Asini – Rivista, Bologna, il caso della scuola Longhena

Vi segnaliamo:

Gli Asini – Rivista
Bologna, il caso della scuola Longhena

di Agnese Doria

favole-al-telefoninoLo stabile dov’è situata la scuola primaria intitolata, quasi come fosse un presagio, a Mario Longhena, professore, giornalista, partigiano, si trova in via di Casaglia, 39 a Bologna. Mario Longhena fu una figura di spicco nella vita politica bolognese degli anni venti. Professore di storia e filosofia al liceo scientifico (l’attuale A. Righi), amante della geografia e appassionato studioso di carte e di viaggiatori, fu assessore all’Istruzione durante la Giunta Zanardi e fautore delle “scuole all’aperto”.

La strada che conduce alla scuola si dirama da via Saragozza e subito si inerpica fiera nel verde dei colli della città: dopo il primo tornante di Via di Casaglia si oltrepassa una soglia immaginaria e ci si trova ben presto in un altrove.L’edificio che ospita la scuola era nato all’inizio del 900 come colonia estiva per bambini affetti da malattie dell’apparato respiratorio, è immerso nel Parco del Pellegrino, un parco comunale e ultima delle grandi aree verdi collinari aperte al pubblico. Negli anni ‘60 Casaglia era ancora una colonia, i bambini dormivano nell’edificio all’interno del quale anche studiavano. Dagli anni ’70 in avanti i bambini iniziano a salire a scuola e scendere in città con gli autobus e quindi a non dormire più a scuola, sono gli anni in cui si inizia a fondare quelle che sono le basi della sua identità odierna.

Longhena è una scuola pubblica, statale, ma “di città”, non di quartiere. Questo significa che i genitori si assumono, oggi, il rischio di iscrivere i propri figli pur sapendo che esiste la possibilità di perdere il posto alla scuola più vicina (e che spetterebbe loro di diritto) e di finire in fondo a tutte le graduatorie. Accolgono questa incognita per svariati motivi che di seguito brevemente accenno. Il carattere singolare di Longhena inizia fin dall’open day: la struttura non viene mostrata ai genitori, i maestri preferiscono enunciare i principi educativi e le loro buone pratiche, e  attraverso questi racconti inizia a prendere corpo una precisa identità.

Le classi non vengono costituite a tavolino e solo sulla base delle schede di passaggio della scuola dell’infanzia ma per le prime due settimane di settembre i bambini di 6 anni vengono accolti in piccoli gruppi e i sei futuri insegnanti delle tre sezioni girano e osservano le singolarità di ciascun bambino, i rapporti tra pari, le dinamiche relazionali, li fanno giocare e attraverso il gioco ne osservano le inclinazioni, le abilità e le competenze. Gli insegnanti hanno l’obiettivo quindi di formare classi il più eterogenee possibili, pur sapendo che in 5 anni le carte in tavola cambieranno, gli equilibri si modificheranno, tuttavia si sforzano di mettere in campo un’osservazione partecipe.

Una volta formate le classi, si inizia!

I bambini vanno a scuola e tornano a casa da soli grazie agli scuolabus pagati dalle famiglie e dal Comune. Anche questa esperienza concorre a sottolineare il carattere esperienziale e quasi audace dell’avventura scolastica. Ogni sacrosanto giorno saluto mio figlio alle 8 come se partisse per una gita di una settimana, volgendo lo sguardo ai genitori dei bambini più grandi vedo che è così anche per gli altri. Mi sono convinta che in effetti passare un’intera giornata lontano da casa (allungata ulteriormente di una ventina di minuti per il tragitto in autobus) decreta in modo definitivo e inequivocabile la loro avventura, il loro mondo, la loro porzione di vita.

I bambini fin dalla prima eleggono i loro rappresentanti di classe che vanno a costituire l’Assemblea dei bambini che si riunisce quattro volte all’anno e discute di alcuni temi cogenti e inerenti alla scuola (come mantenere puliti i bagni o gli ambienti comuni della scuola, il comportamento da osservare in autobus o durante la mensa, come contribuire alla pulizia del parco, etc…) o più generali (i maschi e le femmine litigano allo stesso modo?). Questo per rendere i bambini da subito consapevoli che a scuola hanno dei doveri, ma anche dei diritti, che devono conoscere per essere in grado di difenderli.

Inoltre si sceglie Longhena per l’orientamento pedagogico – didattico degli insegnanti che è teso a privilegiare un apprendimento in tempi distesi ritenuti più consoni e compatibili con l’età anagrafica dei bambini: la campanella a Longhena non suona, non ci sono tempi fissi di lavoro e pause stabilite rigidamente ma un’alternanza che si lega alle attività, alle giornate particolari, alle diverse situazioni che si vivono nelle classi; inoltre la particolare ubicazione della scuola  favorisce  una didattica e una metodologia educativa improntata alla “ricerca sul campo”, valorizzando le risorse naturali del parco (nell’orto si afferra la geometria, sotto agli alberi perfezioniamo la lettura, nell’ora di scienze si assimilano i nomi delle piante e la differenza tra le foglie, il ciclo dell’acqua lo si osserva in presa diretta, quello delle stagioni pure…). A tutto questo si unisce l’ostinazione e l’orgoglio di essere una scuola a tempo pieno vera, che crede ancora nell’importanza delle compresenze degli insegnanti, che investe molto sulla creazione e sul benessere della comunità di bambini, che lavora con loro per piccoli gruppi differenziati. Il clima di serenità che nella scuola regna, viene sapientemente costruito nella quotidianità che si reitera, ma anche grazie a  certe piccole intuizioni che sanno fare amare quel luogo e lo fanno sentire proprio: si organizzano le letture in pigiama, con tanto di plaid, pantofole, orsacchiotti, si spostano i banchi e ci si sdraia ad ascoltare o a leggere a voce alta. A Longhena alcune classi hanno avuto la possibilità di dormire fuori con i sacchi a pelo, tutti insieme, per osservare le stelle con gli insegnanti e acchiappare le lucciole prima della fine della scuola. E tante altre ancora.

Un’ulteriore caratteristica della scuola Longhena è quella di essere priva di confini definiti. L’area scolastica non è infatti né delimitata né recintata.

L’assenza di recinzione stimola una maggiore autonomia e presa di responsabilità nei bambini che così hanno l’opportunità di sperimentare l’autogestione degli spazi  e di acquisire un autocontrollo maggiori, proprio in funzione dell’ampiezza e della non presenza di limiti precisi. Il corpo docente crede sia importante salvaguardare ciò che ormai è diventata una rarità per il mondo dell’infanzia, cioè la possibilità di vivere in una dimensione non urbanizzata, tipica delle campagne e delle periferie di un tempo, utilizzando l’ambiente non solo come elemento di studio ma anche come stimolo alla fantasia, all’immaginazione e alla creatività nei momenti di gioco e relax. I “confini immaginari” vengono condivisi tra insegnanti e bambini e si allargano man mano che i bambini crescono. I bambini li rispettano, si osservano a vicenda, vedono chi li supera e avvertono i compagni, aspettano di crescere per poter conquistare maggiore libertà di movimento.

Longhena è diventata quella che è grazie a un gruppo di insegnanti coeso, diretto per una decina d’anni da Giuliana Balboni, una Dirigente Scolastica illuminata, con un passato da maestra elementare che, non solo abbracciava e sosteneva in pieno il gruppo docente, ma anche ha contribuito potentemente a creare l’identità di questa scuola in cui credeva follemente. Chiamata a dirigere una scuola in Uruguay per due anni, Balboni ha affidato Longhena prima a due reggenti e poi a un susseguirsi di Dirigenti, ex professori di Liceo, lontani dal mondo della primaria, messi a capo di Longhena, per “normalizzarla”,  soffocandone il suo cuore pulsante, la sua essenza più viva. Questo intento normalizzante diventa più preciso, quasi programmatico, dopo il 2009 anno in cui gli insegnanti presero posizione contro l’inserimento del voto numerico alle elementari meritandosi dure sanzioni firmate dalla Gelmini in persona, e furono salvati, oltre che da una concertazione di legali e sindacati, da un grande e massiccio appoggio delle famiglie che occuparono la scuola insieme ai figli.

Longhena smargina dalle norme, evade dai decreti, svincola la burocrazia. Pare quasi che tenga fede più al timone della Costituzione che a quello dello Stato, attestandosi come una “scuola pubblica della costituzione”, non necessariamente in adesione completa agli indirizzi che i vari Ministri propinano di legislatura in legislatura.

Nessuno né l’Ufficio Scolastico Provinciale né quello Regionale né le Amministrazioni locali, a oggi, si è ancora assunto la responsabilità politica di preservare l’identità, valorizzare la singolarità, esaltare e, perché no, potenziare l’unicità di Longhena.

Cronistoria della “battaglia della ricreazione”

Nel contesto descritto si inserisce il racconto di oggi. Verso la metà di febbraio alcuni genitori parlando con gli insegnanti, apprendono che la Dirigente Scolastica Giovanna Facilla avrebbe scritto una circolare a tutto il personale (docente e ATA) che circoscriveva e regolamentava ricreazioni e intervalli, forzando e stravolgendo il Regolamento di Istituto che recita: “è previsto un intervallo di almeno venti minuti attorno alle ore 10:30 circa” e riguardo all’intervallo post-mensa: “al momento della mensa (12:30) segue un intervallo di almenomezz’ora di gioco e riposo, prima di riprendere il lavoro scolastico pomeridiano”. Il regolamento parla chiaro e indica la soglia minima sotto la quale non è consigliabile andare ma lasciando agli insegnanti la possibilità di “capire sul campo” di quanto tempo libero i bambini quel giorno abbiano bisogno.

La DS nella circolare puntualizza “che l’avverbio almeno, nel significare per non meno di venti minuti, non autorizza i docenti al sistematico raddoppio dei minuti”,  e poi,  “per le medesime ragioni sovraesposte, accertato che il servizio ristorazione termina per tutte le classi alle ore 13:10, si dispone che esso (l’intervallo) non si svolga oltre le ore 14:00”. Non si tratta quindi solamente di un problema di lunghezza in termini orari, ma anche della modalità con cui i maestri decidono di proporre l’intervallo ai bambini. In questo modo la Dirigente mina il sacrosanto diritto degli insegnanti (chiamasi anche Art. 33 della Costituzione) di guardare in faccia i bambini e capire le loro necessità, sapendo se la giornata di studio è stata impegnativa o meno.

In breve tempo si forma una cordata di genitori che uniti dal desiderio di affiancare i maestri e difendere un modello di scuola in cui credono e che hanno scelto, scrivono una lettera alla Dirigente Facilla chiedendo un colloquio. La lettera viene sottoscritta in tempo da oltre 500 genitori.

Iniziano a comparire i primi articoli e lettere sui quotidiani locali e regionali. La questione della ricreazione si porta dietro il desiderio da parte della DS di colpire la scuola nel suo fianco più esposto: l’assenza di recinzione. Dunque i lavori dei quali da qualche tempo si parla per mettere cancelli e recinzioni all’area scolastica, paiono essere più che una minaccia, i tecnici del Comune fanno rilievi, i genitori insorgono o cercano di farlo.

Gli insegnanti prendono posizione e si espongono come da loro tradizione e dichiarano, forti del Regolamento di Istituto, che continueranno ad andare per la loro strada, come hanno sempre fatto fin’ora. Nel frattempo i genitori lanciano una petizione on line su change.org che in una manciata di giorni raggiunge le 1700 firme, gli altri dirigenti scolastici e insegnanti della città si schierano a favore degli insegnanti di Longhena in difesa di una scuola che ha saputo imprimere il proprio punto di vista sul mondo d’oggi.

Le maestre e i maestri, anche questa volta, si dimostrano compatti, solidi, sereni, forti.

I genitori cercano tra loro il dialogo trasparente e allargato, questo tentativo non è privo di tensioni, la comunità è davvero ampia: sono 375 famiglie coinvolte, quasi da raddoppiare se si contano i singoli genitori, il dialogo è acceso, complicato, a tratti conflittuale sui metodi, ma la direzione è unica, chiara, condivisa. Questo non è poco. La partita in gioco è seria perché non si difende un modello utopico di scuola, non si difendono le scuole private libertarie, montessoriane, steineriane, l’homeschooling o altro: qui si difende la scuola pubblica che funziona. Qui si cerca di custodire e rilanciare una memoria che si sta perdendo, si cerca di non dimenticare l’insegnamento dei maestri che hanno fatto la storia di Italia, come diceva Berman già caro agli Asini, ne L’esperienza della modernità che bisogna ciclicamente far rivivere e far tornare a vibrare: “E tuttavia proseguire imperterriti nella propria determinazione di tener testa a queste forze, di combattere per cambiare il mondo e farlo proprio. Vuol dire essere rivoluzionari e conservatori a un tempo: consci delle nuove possibilità d’esperienza e d’avventura, terrorizzati dagli abissi nichilistici a cui conducono tante avventure moderne, desiderosi di creare qualcosa di reale proprio mentre tutto si dissolve nell’aria”.

Si continua a procedere insieme, genitori e insegnanti, ognuno con l’arma che gli spetta e con le proprie sensibilità: il Maestro Fabio si fa fotografare brandendo un liquidator, sullo sfondo una lavagna con scritto: Quando il gioco si fa duro, i duri fanno ricreazione. Alcuni genitori pubblicitari fanno uscire delle vignette che girano viralmente in rete: facciamo fuori l’intervallo! nella sua evidente doppia valenza oppure un’illustrazione dove la voce fuori campo di una maestra dice: Isaac, torna dentro, l’intervallo è finito! Un bambino corre, richiamato, dietro di lui da un albero si stacca una mela che avrebbe fatto la storia della scienza…

Insomma, anche se di corsa, travolti dai fatti, si cerca di mettere in campo una modalità comunitaria di fare politica, convinti che i frutti siano di tutti e per tutti e non solo per il proprio pargolo la cui serenità e il cui contesto dev’essere perfetto a tutti i costi. Ancora non è chiaro a chi scrive, data anche la prossimità temporale della tempesta non del tutto passata, cos’abbia fatto nascere nella Dirigente la necessità di mettere mano alla ricreazione, diventata un simbolo di un confronto più vasto. E’ possibile che ci sia una motivazione legata alla sicurezza, alla gestione del personale ATA destinato a vigilare sulla strada che passa dietro alla scuola, ma sospetto che con il tema della ricreazione si voglia in realtà colpire la ferma opposizione agli Invalsi messa in atto dalle insegnanti, molte delle quali da anni scioperano nel giorno deputato alla somministrazione delle prove. In

Infatti non è poi così difficoltoso trovare tra le righe delle dichiarazioni rilasciate dalla DS alla stampa dei passaggi che sottolineano come “in quella scuola non si studia abbastanza”. Non avendo quindi strumenti quantificabili per valutare la preparazione degli alunni, la Dirigente attacca le ricreazioni.

Si aprono due scenari concreti già ampiamente approfonditi proprio tra le pagine di questa rivista: la questione della valutazione e quella dei poteri dati in mano a un singolo Dirigente-manager, sui quali tra l’altro, proprio i maestri di Longhena presero posizione un anno fa lanciando una sarcastica campagna sulla possibilità più che reale che i DS potessero scegliere gli insegnanti in base al curriculum vitae per andare a comporre il proprio team. Fondo lavagna: insegnante a chiamata diretta offresi. Bella presenza, automunito, esperto cornicette: ai spic inglisc. Suonare Luana, massima riservatezza.

Le domande che questo racconto apre

Questa “circolare UFO” sbucata dal nulla, che non si saprà mai realmente da dove sia scaturita, ha dato la possibilità alla comunità scolastica di auto-interrogarsi e di rivolgere ad ampio raggio alcune domande precise sulla scuola, oggi. La domanda sulla ricreazione in primis e sulla sicurezza, come possibilità di essere vissuta come postura attiva più che come imposizione passiva, sono questioni che sono rimbalzate in molte scuole italiane, testimoniate da lettere e dalle prese di posizione che hanno unito e fatto vibrare una vasta comunità di insegnanti e genitori tanto di scuole cittadine quanto di quelle provinciali. Questi interrogativi sono affiorati perché la detonazione è stata forte e come uno tsunami la propagazione dell’onda continuerà. Sottotraccia rimangono delle domande inevase: qual’è sia sul lungo periodo il potere dei Dirigenti Scolastici “normativi” sui gruppi di insegnanti, magari precari, più ricattabili e fragili? Quanto riusciranno ad affrontare paura e pressioni sempre maggiori? Proiettando la questione su un futuro nemmeno troppo lontano, quando cioè il gruppo di insegnanti storici di Longhena andrà in pensione, a chi passeranno il testimone? Quali sono gli strumenti di metodo, ma anche quelli di senso e di politica, saranno in grado di condividere come patrimonio per fronteggiare questo e ben altro che non siamo in grado nemmeno di immaginare? Come faranno i vecchi insegnanti a dialogare con i nuovi senza sapere veramente il peso della solitudine del precario così depotenziante e avvilente? Auspico che da questa occasione nasca un movimento, magari allargato e condiviso non solo tra docenti, che non abbassa la guardia quando l’impeto di quest’onda si sarà quietato, ma che possa trovare un modo per tenere alto il livello di attenzione e di approfondimento, diventando luogo vitale aperto, lontano dall’autoreferenzialità di categoria.

Questo articolo è stato pubblicato sul numero 32 degli Asini

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